COL CREPUSCOLO la città s'era fatta più stretta. Le strade erano ormai poco più che arterie irrigidite da cui la gente dissanguava piano. La stretta della tua mano mi impediva di defluire verso le tenebre assieme agli altri.
    Ho paura, mormorasti, è passato tanto tempo. E io ti guardavo in quel modo che era il mio e che tu non conoscevi ancora. Tanto tempo, ripeteva l'eco intrappolata sotto i fiocchi di neve, il cui cauto depositarsi soffocava con malinconia e rapiva ogni parola.
    Ammutoliti da tanto silenzio camminammo a lungo, finché non giungemmo al vecchio parco. I tronchi anneriti disegnavano figure rotte contro il cielo. In quel deposito di desolazione solo il sorbo splendeva sotto la luce umida dei lampioni.
    È come andare in bicicletta, ti dissi. E tu mi guardavi in quel modo che era il tuo, e che io già conoscevo. Sorrisi. Le mie mani nude penetrarono la materia incandescente della memoria. Le guance ti si avvamparono in un broncio quando la prima palla di neve colpì il tuo cappotto. Rimanemmo paralizzati o sospesi per un secondo. Poi i tuoi occhi scoppiarono a ridere.
    La città sullo sfondo svanì divorata dalla neve cadente. A stento potemmo dire che ci fosse mai stata.

(Enigma d'inverno)

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