La Bambola nello Specchio

Una bambola in soffitta. Sotto la polvere del viso, il taglio sbiadito delle labbra fisso in
un sorriso malinconico. Due fessure nere guardano senza più curiosità la solitudine. Un
vestito a quadri bianchi e viola e merletti e mani aperte per sempre verso l'alto. Una
bambola in soffitta. E ragnatele come trappole per la rugiada che trasuda dalla pelle dell'alba.
Nello stare sospeso di particolette fluttuanti e fasci di luce solare la bambola dorme
incosciente. Lontano le risate dei mandorli in fiore e il vento che accarezza la danza dei
bambini.

La cecità della notte è un sogno senza sonno. Il legno lamenta il peso degli anni e dell'
umidità. Si sente il raschiare indolore d'un topo. Vieni, dice lei, vieni, raccontami una
storia. Ma il silenzio è l'unica risposta.
Luce fredda che attraverso l'abbaino dipinge ombre o incubi sul pavimento. È la luna fuori,
flaccido ventre bianco di una madre che ha già volto lo sguardo altrove.

Un sole senza colore si espande e si contrae nel cielo giallo pastello. I mandorli fremono
sotto il peso del vento. Mentre lei dorme sola, i bambini ridono, ridono sempre.

Una bambola in soffitta. Sotto la polvere del viso, occhi meravigliati che guardano uno
specchio. Vieni, dice, raccontami una storia. E lo specchio restituisce un silenzio
come di metallo sbiadito. Può vedersi nella penombra lunare nitida come un sogno. Il taglio sbiadito delle labbra si fa poco a poco color rubino e le pupille luminosi pozzi notturni. Sorride senza
gioia mentre da lei scivolano via la ruggine e la cenere. Specchio cattivo! Specchio
cattivo! Non ero sola per tutto questo tempo? Chi è lei? Presentamela! Come ti chiami
bambolina?

I topi corrono sulle travi e dentro i muri. Affaccendati, indifferenti. Non si curano dell'inanimata esistenza di chi abita la soffitta. Solo uno, tende l'orecchio di tanto in tanto.
(La curiosità, è noto, è cosa di fanciulli). Nel tedio pomeridiano, le conversazioni tra
vecchie fotografie o abiti dismessi risultano particolarmente stimolanti. Ma di lei,
della bambola in soffitta, nessuno si cura e quel sorriso maligno, che impercettibile si
allunga sul suo viso giorno dopo giorno, passa inosservato.

È lì nella scarsa luce della notte. La vede distintamente, nonostante il capriccioso
andirivieni della luna. E sulle note di un sussurro sognato s'intrecciano i suoi tristi
soliloqui. Che bel nome porti cara amica, dice lei, come il gorgheggiare d'un passerotto.
Oh, come mi amavano gli uccellini un tempo, ma ora sí, faranno riverenza a te! E che pelle
candida che hai. E le dita così affusolate e quel tuo vestito da regina. Sei così bella, la
più bella senza pari. Lascia che mi avvicini solo un momento, un abbraccio amica mia, sì! Si
trascina sul legno incrostato di tempo ma prima che possa raggiungerla s'alza lo squadrone
compatto delle tenebre. Lenta la bambola nello specchio si ritira. E rimane solo il buio di
due occhi di plastica.

Vetro o argento o superficie d'acqua torbida pregna d'oscurità. Un ragno tesse la sua tela
per rubare la rugiada dell'alba. È l'attesa muta del sogno o dell'incubo, l'instabile
riflesso del vuoto fino al sorgere del nuovo sole.

Nel lasciare spazio al crepuscolo il vento richiama a sé le risate dei bambini. Spesse nubi
impediscono il sorgere della luna. Nel fitto buio della soffitta lei è cieca, solo l'opaco
brillio di labbra rosso rubino nello specchio. So che ci sei, dice lei, dimmi qualcosa cara
amica, raccontami una storia! Ostinata nel tuo mutismo, mi osservi, mi fissi. Non lo sopporto
più! Parlami, parlami, rompi questo silenzio, ti prego!

Inusuale veglia nel giorno incolore alimentato dall'odio. Il grigio e il bianco così vividi
dopo chissà quanto tempo. Ora la vede, come mai prima d'ora, all'altro capo della stanza.
Amica? Amica? grida, giorni di elogi senz'affetto. Raccogli reverenze e ossequi e poi mi
abbandoni, ci lasci, come una primadonna. Odiosa, odiosa! Non ci hai raccontato nessuna
storia! Bella senza pari? Smorfiosa, chi ti credi di essere? Rimango io la più bella! E si
alza, in preda alla furia, e si avvicina come una tempesta. Ora sì, vedo il tuo sorriso e i
tuoi occhi, dice, prima che le sue minute dita tocchino lo specchio.

Il frastuono carico d'echi di mistero raduna i bambini. S'apre la porta con timore sullo
specchio rovesciato, spezzato a terra. Tra i frammenti di vetro la vedono. È solo una
vecchia bambola impolverata, dice un bambino, saranno stati i topi, replica una bambina.
Con indifferenza viene gettata tra gli scatoloni di fotografie e il mucchio d'abiti
dismessi. E lì rimane, con gli occhi spalancati sull'infinita solitudine e le mani per
sempre aperte verso l'alto, mentre i bambini, delusi, fanno ritorno alle risate dei
mandorli e alle carezze del vento.

2 commenti:

  1. Atmosfera intrigante, virata al bianco. Non male.

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  2. Grazie caro 7di9, per aver penetrato i vuoti di queste pagine e per essere il mio primo commentatore :). Spero ci rivedremo presto, qui o su Alphaville ;)

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